Marcella Minicucci nasce ad Ischia il 21 luglio di ventuno anni fà.
Da sempre ha coltivato la sua passione per la scrittura e per la comunicazione infatti, a 14 anni
lavorava presso la redazione del quotidiano locale "Il Golfo" fondato da Domenico Di Meglio.
Attualmente collabora per Ischiacity di Riccardo Sepe Visconti. Quando parla di lei spiazza l'interlocutore,
così come scrive, dicendo di avere un vantaggio: in ogni sua forma e crede nell'amore.
Domenica 26 Febbraio 2012 - Presso la struttura "Lucignolo la Dolce Vita" in Via Mons.
Filippo Schioppa a Forio si svolge la presentazione del nuovo libro di Marcella Minicucci.
I 156 GIORNI DELLA NOSTRA SOLITUDINE
Definizioni di Marcella su lei e la sua opera...
Il mio libro non fa parte di opere letterarie.
Mettiamola così: mi psicanalizzo da sola, perché i soldi per uno psicologo non ce l'ho.
Non sono una scrittrice, non sono una poetessa, non sono nessuno.
Sono una ragazza incasinata, allegra e perennemente innamorata.
Sono una ragazza che ha scelto di sentire, sentire tutto: anche il male.
Ed è questo quello che racchiude "I 156 giorni della nostra solitudine".
E' un testo biografico ma questo non è determinante perché penso che ognuno di noi, quando finisce una storia, resta con
due o tre miliardi di parole da scrivere-dire-urlare.
Sì, forse sono un po’ drastica, ma il mondo continua anche se due persone non stanno più insieme e questa cosa talvolta
fa arrabbiare chi è innamorato.
<< Come si permette la gente di sorridere ora che non mi ami più?
Come si permette il barista di essere gentile ora che non mi ami più?
Come si permette il sole di illuminare i capelli delle persone, se sono due giorni che non sento la tua voce?
>>
Spesso si è sul punto di chiamare il proprio ex almeno ottocento volte all’ora, ma si desiste sempre: sentir dire di nuovo
“non possiamo stare insieme” porterebbe le ultime energie rimaste al decesso, non permettendo nemmeno più di svolgere le
azioni più semplici come camminare, fingere di essere vivi, condurre una vita normale, non perdere il lavoro e, ogni tanto…
mangiare.
Mirtha, la protagonista del libro, è una giovane ventenne che crede che la felicità voglia essere vissuta per davvero; ma la
sua felicità ha sempre richiesto più tempo di quello offerto da un giorno di ventiquattrore. La tristezza, al contrario, vuole
vederla dormire.
Non succede solo nei film. Intendo quella cosa che ci si ama tanto ma non si riesce
a stare insieme.
A Mirtha, il personaggio che ha inventato, è successa. Lo amava tanto, lo guardava da lontano.
Per 156 giorni anche lui l’ha osservata sperando che non si innamorassi di altri.
Mirtha ha provato con tutte le sue forze a dimenticare Federico, ha conosciuto più persone in certi mesi che in tutta la sua vita,
ma la sera, anche nelle sere migliori, le è sempre venuta la voglia di strofinare il naso sul suo collo.
Si è ubriacata, ha organizzato feste, ha partecipato a feste organizzate da altri, si è divertita anche perché al suo fianco aveva
i suoi due migliori amici, Alex e Nicole, definiti “elevatori di autostima” pronti a sorreggerla ogni qualvolta stesse per cadere.
Ci sono stati anche momenti in cui, invece, lei si è chiusa nella sua stanza e ha scritto.
In molti, parlano della scrittura come se fosse la soluzione.
Non è così.
Scrivi solo quando non puoi fare niente di meglio, scrivi le parole dette, le azioni non compiute, scrivi i "se" che ti sei tenuto
in gola, le domande rimaste sulla punta della lingua, le urla che non hanno avuto voce.
Scrivere è il piano B, è la falsa via d'uscita, è ciò che fai quando non riesci a mettere in ordine la tua vita.
Questo è il mio libro e questa sono io.
Da innamorata racconto ciò che l'amore provoca in noi quando è presente ma anche quando è del tutto assente.
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